Passione by Paolo Crepet

Passione by Paolo Crepet

autore:Paolo Crepet [Crepet, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852090011
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


La passione di un padre

Non c’è fine. Non c’è inizio. C’è solo l’infinita passione della vita.

FEDERICO FELLINI

La storia è la passione dei figli che vorrebbero capire i padri.

PIER PAOLO PASOLINI

Una signora sulla quarantina. Vestita sportiva. Arriva puntuale nel mio studio. Mi saluta brevemente, poi si dirige spedita verso la poltrona. Ha fretta di raccontare. Appoggia i gomiti sulle ginocchia, socchiude gli occhi e inizia.

Quaranta giorni. Non uno di più, non uno di meno. Tanto è durato.

Con mio padre non avevo un rapporto assiduo, non assomigliava per niente a quello che le mie amiche o compagne di scuola avevano col loro, ma non le ho mai invidiate. Fin da bambina l’ho vissuto lontano, sono cresciuta senza la sua presenza. Di lui mi bastava poco, una parola, uno sguardo. C’era tanto in quel poco.

Mi ha rispettato fin da piccola e mi ha insegnato a rispettare. Mi ha voluta forte, consapevole della vita, gioie e dolori inclusi.

Eravamo io e lui, non importa dove, e nemmeno perché. Lo siamo stati quando lo abbiamo voluto.

Mia madre, sempre distratta, non superficiale ma immatura, temeva che le cose belle finissero: forse con mio padre si era fermata all’innamoramento, non aveva accettato il seguito.

Era una donna buona, ma la sentivo lontana, però in modo opposto a mio padre: lui c’era anche quando non c’era, lei non c’era nemmeno quando c’era. La sua vicinanza non mi ha mai rassicurata, mentre il pensiero di papà è sempre stato per me una sorta di incredibile attrazione.

Lui non ha mai voluto sapere della mia scuola, delle mie amicizie, gli bastava capire che stavo crescendo, e io sapevo che lui mi seguiva in qualche modo, per me misterioso e magico.

Mia madre si è soffocata la vita di dettagli, seguiva le cose più insignificanti come fossero essenziali, attratta da ciò che era frivolo, leggero, inconsistente.

Non sono mai stata interessata alle feste o alle gite scolastiche. Ho passato il tempo con le fantasie che mio padre inconsapevolmente mi regalava. Sono cresciuta senza nulla di materiale, venivano prima i sogni, anche se non lo davo mai a vedere a nessuno, tantomeno a mia madre. Avevo paura che qualcuno me li potesse rubare.

Lei mi voleva regalare vestiti; a me bastavano quelli un po’ maschili che adoro. Gli stessi per anni.

Ho sempre letto e scritto molto, così pensavo di comunicare con lui che era sempre via per lavoro. Non ho mai saputo che cosa facesse esattamente: non me ne ha mai parlato, ma non perché se ne vergognasse o volesse alimentare chissà quale mistero. Parlavamo di ciò che era necessario per noi, dei viaggi che non abbiamo fatto, delle cose che, secondo lui, avrei dovuto vedere.

In un posto, però, amava portarmi. La domenica, quando era libero. Andavamo in bicicletta lungo gli argini di un fiume fino alla foce, un luogo nostro e di nessun altro. Una volta iniziò a nevicare, lui, quasi non se ne fosse accorto, proseguiva lento e sicuro, davanti a me, come il capitano sulla prua di una nave. Ricordo la strana quiete di quel luogo, la sensazione che stesse accadendo qualcosa di indimenticabile, e non soltanto per me.



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